Febbraio 2025 | Restaurato il secondo lotto delle carte del notaio Giacomo Scavuzzo (XVI sec.).
24 Febbraio 2025
In progress il restauro dell’intera produzione documentaria del notaio palermitano, su progetto del Laboratorio di restauro dell’Archivio di Stato
All’angolo fra piazza della Fiera vecchia (oggi Rivoluzione) e via Garibaldi, nel centro storico di Palermo, si trova il palazzo Scavuzzo, significativo esempio di architettura signorile del Cinquecento che prende il nome dal notaio palermitano Giacomo Scavuzzo, di cui l’Archivio di Stato di Palermo conserva la preziosa produzione documentaria.
L’intera produzione del notaio Giacomo Scavuzzo è attualmente oggetto di un intervento conservativo avviato nel 2022, su progetto di Maurizio Vesco (funzionario archivista) e Sophie Bonetti (funzionaria restauratrice). L’intervento, suddiviso in lotti, è giunto questo febbraio alla conclusione del secondo lotto di lavori, che ha riguardato 9 unità archivistiche e un totale di 8636 carte, con una spesa di € 22.500,00. Queste si aggiungono alle 6 unità completate nel dicembre 2024, per una spesa di € 15.575,00. È previsto un terzo lotto di cui la progettazione è in corso.
Piuttosto che ad un gruppo eterogeneo di scritture, si è scelto di dedicare il progetto di restauro unicamente alle carte di questo notaio in virtù dello speciale interesse di tale documentazione. Questi non fu, infatti, solamente, uno dei principali del Cinquecento siciliano, rogando per larga parte del ceto dirigente palermitano, ma dal 1543 rogò pure per la Regia Corte, i cui atti rimangono oggi tra le sue scritture. Si trattò del primo caso di un pubblico tabellione salariato: ciò dovette fare la sua fortuna, testimoniata sia dal sontuoso palazzo alla moderna che costruì quale residenza sua e della sua famiglia, sia – caso forse unico – da una straordinaria ascesa sociale che lo vide elevato a barone delle Favare, assurgendo così, nonostante il suo mestiere ritenuto vile, ai ranghi dell’aristocrazia siciliana.
Le carte di Giacomo Scavuzzo coprono un arco temporale che va dal 1523 al 1560 e constano di 51 unità archivistiche, per una consistenza di 9 metri lineari. La caratteristica di questi volumi, che sembra essere una precisa scelta del notaio, è l’assenza di coperte: i registri sono costituiti da una serie fascicoli di circa 50 carte tenuti insieme da una semplice cucitura archivistica a “filza”. In alcuni casi, ancora legato al filo di cucitura, è possibile ritrovare l’ago che è servito per infilzare le carte.
Anche per via della deformazione dovuta all’assenza delle coperte, le unità archivistiche si presentano in precario stato di conservazione. In foto, si vede il confronto tra un registro restaurato ed uno non restaurato, da cui si evince l’importanza di una corretta legatura archivistica con coperta. Nel caso non infrequente di fascicoli scuciti, il conseguente disordine ha reso necessario, sul versante archivistico, la ricostruzione della originaria sequenza cronologica. Sul versante conservativo, le principali cause di degrado dei supporti sono invece gli inchiostri acidi e i danni da insetti. Gli interventi progettati prevedono quindi il controllo della cartulazione, lo smontaggio fascicoli, la spolveratura, il lavaggio e la deacidificazione delle carte, l’integrazione delle lacune, lo spianamento, la ricomposizione fascicoli e, infine, la cucitura e rilegatura con coperte in pergamena.
In foto: il signum del notaio Scavuzzo; il confronto tra un registro restaurato ed uno non restaurato; un esempio di un bifoglio prima e dopo l’integrazione delle lacune; le operazioni di cucitura di 2 registri molto spessi (oltre i 20 cm); il rientro in laboratorio l’11 febbraio 2025.









Ultima modifica: 24 Febbraio 2025