1676, giugno 2. Zuffa navale fra francesi, olandesi e spagnoli, sotto le mura di Palermo
ASPa, Notai, stanza III, notaio Drago Bartolomeo, vol. 3953; Notai, stanza I, notaio Giuseppe Tudisco, vol. 4478, cc. 206v-207v
Leggi i racconti collegati: 2 giugno 1676: nigro notanda lapillo

Documento 1: Testimonianza dello scrivano
Sunto
Si tratta di un appunto redatto sul frontespizio di un indice alfabetico (alfabetum) relativo agli atti rogati dal notaio di Palermo Bartolomeo Drago. L’autore della nota è lo scrivano collaboratore Francesco Oliveri, dimorante a un piano inferiore dello stesso edificio di residenza del capo, come testimoniato dall’espressione, abbreviata, “domus et apotheca” (“casa e bottega”).
Trascrizione
Il due di giugno 1676 successe la zuffa navale tra francesi, olandesi e spagnoli, sotto le mura di questa città, dalle ore 14:00 sino alle ore18:00.
Domus et apotheca
Scriptor Franciscus de Oliveri
Nota archivistica
Gli atti indicizzati nel volume si riferiscono all’anno indizionale 1675-1676. Si intende per “indizione” un computo degli anni basato su scadenze fiscali. All’inizio del IV sec. d.C., infatti, nell’Egitto romano inizia l’abitudine di conteggiare gli anni facendo perno sulla periodicità quindicennale del rinnovamento del ruolo delle imposte, operazione detta «indictio». Il ciclo indizionale è quindi un ciclo comprendente 15 anni: il primo dopo l’ultima indizione, il secondo, il terzo e così via fino al quindicesimo. In breve tempo, l’uso dell’indizione si diffonde in tutto l’impero, fino a sopraffare nella vita quotidiana altri usi cronologici. Per tutto il medioevo e per gran parte dell’epoca moderna l’anno indizionale è adoperato più dell’era volgare, ovvero della datazione basata su particolari eventi della vita di Gesù. Lo stile moderno, che fa partire il conteggio degli anni dal 1º gennaio, giorno della circoncisione di Cristo, viene introdotto regolarmente, nella documentazione notarile siciliana, solo a partire dall’epoca moderna, per via di una serie di prammatiche viceregie che ne impongono l’uso da parte dei notai. L’indizione continua, tuttavia, ad essere adoperata sino al 1818, quando un Regio Decreto ne vieta l’utilizzo. L’indizione è quasi sempre scevra di errori ed utilissima per verificare l’attendibilità dell’anno indicato sui documenti quando questo non procede d’accordo con l’anno comune. Lo stile adottato nella documentazione notarile siciliana è quello bizantino, che faceva cominciare l’anno indizionale il 1º settembre, con conclusione al 31 agosto. Ne consegue che un documento rogato, ad esempio, nei mesi da gennaio ad agosto 1676 andrà ricercato nel volume relativo all’anno indizionale 1675-1676, mentre un altro rogato nei mesi da settembre a dicembre dello stesso 1676 andrà ricercato nel volume dell’anno 1676-1677.
All’inizio della pagina qui analizzata, prima dell’indicazione “Alfabetum anni XIIII indictionis 1675-1676”, compare l’abbreviazione IMI, che sta per “IESUS, MARIA, IOSEPH”. Si tratta di una sorta di invocatio alle sacre figure di Gesù, Giuseppe e Maria, prevista dalla normativa siciliana, medievale e moderna, in materia di scritture notarili.
Documento 2: Gli stucchi dell’oratorio della Compagnia della Carità di San Bartolomeo degli Incurabili
Sunto
Palermo, 1680 marzo 2
La Venerabile Confraternita di S. Bartolomeo, rappresentata dal Priore Diego Bonavides e Aragona, figlio del viceré di Sicilia, e dai suoi coadiuvanti Carlo Valdina e Vincenzo Galletti, affida a Giacomo Serpotta l’abbellimento con stucchi e statue di quattro finestre dell’Oratorio della Compagnia della Carità di San Bartolomeo degli Incurabili, di proprietà della detta Confraternita, al prezzo di 30 onze ciascuna, con patto che le statue e gli stucchi realizzati siano resistenti ai colpi di cannone che dovessero spararsi in qualsiasi momento contro il castello e che, in caso di distruzione per eventi bellici durante l’intera vita dello scultore, questi proceda alla ricostruzione senza pretendere ulteriore pagamento.
Bibliografia
Filippo Meli, Giacomo Serpotta vita ed opere, 1934, pp. 235-236
Nota archivistica
L’atto qui registrato è un contratto di commissione di opere d’arte stipulato dalla Confraternita di S. Bartolomeo con il famoso scultore palermitano, maestro nell’arte dello stucco, Giacomo Serpotta. Il volume nel quale si trova trascritto è il bastardello del notaio Giuseppe Tudisco relativo all’anno indizionale 1679-1680. I bastardelli sono volumi redatti dai notai siciliani, a partire dal medioevo e sino all’Ottocento inoltrato, per la registrazione in forma più estesa degli atti già annotati sul “venimeco”, piccolo registro sul quale venivano appuntati, con cadenza giornaliera, i primi abbozzi dei contratti, stilati in foglietti detti “pitaci” o “pitazzi”.
Mentre per gli atti perpetui (testamenti, donazioni, compravendite, ecc.) si ritrova sul bastardello solamente un appunto sintetico del contenuto, con la relativa “nota di subintranza”, ovvero l’indicazione dell’avvenuta registrazione sul volume delle imbreviature (le cosiddette “minute”, di cui si parlerà più avanti), per gli atti non perpetui (procure, brevi locazioni, commesse di opere d’arte o di altro tipo, ecc.) è riportato su questa tipologia di volumi notarili l’intero testo del documento, anche se in forma abbreviata.
Altre tipologie di volumi notarili, oltre ai venimeco (di cui sono rimasti pochi esemplari, in quanto la loro conservazione da parte dei notai non fu obbligatoria sino all’introduzione di una norma specifica nel 1741) e ai bastardelli, erano le imbreviature o minute e i registri. Nelle prime erano rilegate, alla fine di ciascun anno indizionale, delle trascrizioni degli atti in una forma più estesa, comprensiva delle cosiddette “publicationes”, ovvero le sottoscrizioni del notaio, dei contraenti e dei testimoni, che rendevano legalmente valido l’atto notarile. Operazione obbligatoria era la cartulazione, ovvero la numerazione delle carte di questa tipologia di volume; i registri erano volumi di grande formato nei quali, di seguito e senza interruzione, si registravano in bella copia i soli atti perpetui già annotati nelle minute (da qui la mancanza, sui registri, di contratti di commissione d’opera come quello analizzato sopra).
Il registro serviva anche come matrice per la produzione di copie autentiche dei documenti trascritti. In questo caso, poteva comparire, a margine del testo registrato, la nota “confectum est instrumentum”, che indicava la produzione della copia consegnata alle parti.
A volte, oltre ai venimeco, ai bastardelli, alle minute e ai registri, i notai redigevano, in forma di volume, anche degli indici alfabetici per favorire il ritrovamento degli atti registrati. Un buon esempio di indice alfabetico è rappresentato dall’Alfabetum del notaio Bartolomeo Drago sopra esaminato.
Autore scheda
Salvatore Spica (funzionario archivista SAAS-SIPA)
Si ringrazia Cinzia Miceli per l’affettuosa collaborazione.
Ultima modifica: 23 Maggio 2025