Passaggi di sola andata
di Marina Mongiovì
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Ai piedi della cattedrale di San Demetrio, c’era una folla brulicante, come nei giorni della settimana santa. In quella calca di teste però, non c’era nemmeno l’ombra delle colorate keza, ricamate con fili d’oro e indossate dalle mogli di Piana dei Greci, la mattina di Pasqua. C’erano soltanto le coppole di panno scuro dei loro mariti. Non era tempo di festa, tirava aria di vibrante protesta. In quella calda e secca estate, i raccolti erano stati così magri che a fine trebbiatura i braccianti non portarono a casa nemmeno un pugno di frumento. A Piana, come in altre parti dell’isola, i contadini chinavano il capo alle angherie dei padroni e alle loro paghe da fame. I gabellotti sfruttavano la manodopera secondo le tacite e immutabili leggi della mezzadria. Il malumore generale, già ben radicato nelle vite dei lavoratori di Piana, in quella stagione di fame e povertà crebbe e sfociò in uno sciopero. Da diverse settimane, gli uomini incrociavano le braccia e oziavano sulla pubblica via, sotto lo sguardo delle autorità, dei signori affacciati ai balconi dei loro palazzi e di Totuccio Mazzeo, seduto ai tavolini del bar Centrale.
Pure Mazzeo lavorava la terra ma preferiva osservare la torma dei suoi compagni di sventura, che mormoravano sulla via del corso, piuttosto che stare in mezzo a loro, rivendicando diritti che non avrebbero conquistato. Anche lui era tornato a casa a mani vuote e anche lui aveva la prole da sfamare. Eppure, se ne stava tranquillo a bere un quartino, aspettando la missiva che avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Sulla soglia della caffetteria si ergeva la figura ingombrante di Gioacchino Riolo.
‹‹Totù ti arrivò il passaporto per le Americhe?››.
‹‹No, ancora no. Ma c’è tempo, il signor direttore Reynaud è stato preciso, ci vogliono due mesi per la risposta››.
Gioacchino sbircia il manifesto attaccato alla porta del suo bar.
‹‹L’America, Totù. Quant’è lontana!››.
‹‹Gioacchino, ci siamo abituati, siamo popolo di emigranti. Passaggio gratis, centocinquanta franchi al mese, vitto e alloggio compreso. Piana la saluti senza rimpianto e se dovesse arrivare la nostalgia…piangi con un occhio solo››.
Totuccio Mazzeo, insieme a tanti della Piana dei Greci, sognava l’America da circa un mese, quando una mattina di luglio nel bar Centrale apparve il manifesto dell’Agenzia Generale della Repubblica Argentina. Tal direttore generale A.F. Reynaud offriva viaggi gratuiti fino alle colonie che circondavano la grande Buenos Aires. Il nuovo mondo accoglieva i siciliani con salari di tutto rispetto, linee ferroviarie, battelli a vapore e alloggi dignitosi senza spendere un centesimo. Ad attenderli un inverno dolcissimo, senza neve. Non come a Piana, quando in gennaio il maestrale accarezzava la Pizzuta e l’aria sembrava tagliare la faccia; o come in certi mattini di febbraio, col manto bianco che ricopriva tutta Portella.
‹‹Gioacchino, manco la lingua devo imparare. Ci sono così tanti italiani che non ce n’è di bisogno. Semmai fosse necessario, lo spagnolo è parente stretto dell’italiano››.
‹‹Se non avessi il bar che mi lasciò la buonanima di papà, partirei pure io!››.
Ai futuri migranti veniva chiesto l’invio della propria candidatura insieme a cinquanta centesimi, da spedire al signor direttore Reynaud per mezzo posta. La distanza atlantica prevedeva due mesi per la risposta e la chiamata allo sbarco. Totuccio, per non sbagliare, la lettera l’aveva fatta scrivere a stampatello dal maestro Mannino, così da non correre rischi. All’ufficio postale aveva fatto una lunga fila e anche in questura, a richiedere la carta per espatriare.
Con la fame che attanagliava le genti di questa parte di entroterra isolano, la proposta del signor direttore Reynaud era arrivata come una benedizione. Le donne, davanti all’uscio delle loro case a pianterreno, ne ciarlavano costantemente. L’America era lontana ma abbastanza grande da saziare le tante bocche che popolavano le loro casupole. Si diceva che le donne di Piana fossero pigre e indolenti, un peso attaccato alle caviglie dei mariti, ma era ancor più nota la loro straordinaria fecondità. Erano in grado di sfornare innumerevoli figli, dai quattordici anni fino alla vecchiaia. Se solo la terra di Piana, avesse avuto un poco della fertilità delle sue madri!
La moglie di Mazzeo non era stata da meno: aveva partorito cinque figli. In tutto, in quella casa, c’erano sette stomaci da sfamare, sette corpi da vestire, necessitavano di ben quattordici suole per i piedi e c’erano due femmine a maritare. Era risaputo inoltre come il contadino di Piana, sotto l’influenza del benessere altrui, non volesse essere da meno a nessuno. E finiva per indebitarsi con quel poco che aveva, con spese voluttuarie, soprattutto per le feste o per gli sposalizi. Solo l’abito da sposa, che si tramandava di madre in figlia da generazioni, valeva una fortuna. E così doveva essere. Il sogno argentino aveva quindi infuocato i desideri di Totuccio e di tutti gli altri pianesi, che già si vedevano nella grande città dentro a doppiopetti in taffetà e gonne di seta, a camminare con calzature dalla pelle morbidissima. A essere accolti, appena sbarcati, nell’Hòtel della Republica Argentina, come i veri signori.
Sogno che durò poco, si infranse in agosto. Tutte quelle richieste di passaporti fecero drizzare le orecchie alle autorità e ci volle poco a scoprire l’inganno. Dovetti informare Totuccio Mazzeo e gran parte dei suoi concittadini che il signor direttor Reynaud era un lestofante e che coi cinquanta centesimi che avevano speso, e perso per sempre, non sarebbero riusciti ad avere un passaggio per Palermo, figuriamoci per Buenos Aires. Si era trattato solo di una delittuosa speculazione: visto il malcontento di quella triste annata, dei delinquenti avevano pensato bene di derubare quel poco che era rimasto, regalando una speranza disattesa.
Essere viceispettore di pubblica sicurezza non è facile, ma tant’è che la verità qualcuno doveva pur dirla. Per scongiurare una rivolta popolare, alle male notizie proposi loro una valida alternativa. Non ci sarebbero stati forse i battelli a vapore, la ferrovia, nemmeno l’avventura oceanica, non avrebbero ambito al ruolo di operai di grandi industrie americane ma i poveri contadini di Piana non potevano farsi sfuggire l’occasione di emigrare ad Alessandria d’Egitto. A seguire i belligeranti inglesi, in terra d’Africa, e diventar mulattieri.
Ultima modifica: 14 Giugno 2024