Io, Lauria, ancora ricordo…

di Aurelia Di Figlia

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Io, Lauria, ancora ricordo. Racconto di Aurelia di Figlia

… ricordo bene di voi, dei nostri sguardi tristi, pieni di timore, e che, tuttavia, proprio nel loro incrociarsi furtivo, mi davano l’illusione di un momento di comunione e conforto, di un attimo di tregua dal mio dolore. Ricordo quando, ancor prima, mi era concesso di entrare nella casa di Dio per chiedere il suo di conforto, e quello della Madonna e di tutti i Santi. E ricordo ancora meglio come tutto mi sia stato strappato. 

La destinazione era Genova, il vascello gremito di gente tesa e speranzosa a un tempo. Conoscevamo i rischi del mare e la sua piaga maggiore; non l’imperversare delle tempeste ma il terrore dei predoni musulmani. Essi attaccano i vascelli dei cristiani e, senza pietà, riducono in schiavitù i poveretti incappati nelle loro grinfie. Guardandomi attorno mi chiedevo se gli altri si arrovellassero nelle mie stesse domande: Il Signore sarebbe stato clemente con noi? Ce l’avrei fatta? 

Ahimè, ahimè, non ce l’ho fatta; proprio ciò che temevo di più è accaduto, e non sono servite né preghiere, né lacrime, né suppliche a salvarmi. Ho vissuto ore terribili su quel vascello. Il cuore mi si è stretto alla conferma dell’avvistamento dei corsari; tutti cercavamo scampo nonostante fosse evidentemente impossibile ai nostri occhi, il limite imposto alla nostra fuga era tangibile per i nostri corpi, era la materialità stessa della nave diventata ormai un golgota. Non indugerò sul momento dell’assalto, sullo sgomento del sangue versato e sulle grida strazianti; mi sentivo all’inferno e fa troppo male ricordare.   

Arrivati a Tunisi l’incertezza della nostra sorte continuava ad angosciarci, tutto ci era estraneo e l’unico linguaggio comprensibile era quello degli spintoni e delle percosse. Sono stata schiava del bey Morato, insieme a voi. Ricordate la fatica senza sosta? La nostalgia struggente per la nostra casa, la nostra famiglia? Come ci facevamo forza, confidando che l’Arciconfraternita ci avrebbe salvate? Affidavamo tutto il nostro affetto e tutte le nostre speranze alle lettere inviate ai nostri familiari; sapevamo che il riscatto delle nostre vite era prezioso perché sarebbe diventato la salvezza dell’anima di qualcun altro. Ma il destino con me è stato crudele fino in fondo. Tra tutte, proprio io sono stata scelta per diventare moglie del figlio del bey. Mi hanno privata dell’ultimo rifugio possibile, quello della mia fede. Ancora adesso, mentre osservo in tutta la mia immaterialità il vostro entrare ed uscire dalla loggia di Santa Maria la Nova, mi chiedo se Dio, facendomi morire di peste, poco dopo la mia forzata conversione, non abbia avuto altro che pietà per me. Io però non riesco a provare pietà di questo mondo, perché sono morta troppo giovane e all’apice dell’infelicità. Quindi, continuo ad aggirarmi tra voi vivi, e così sarà finché non troverò la forza di dimenticare. 

Ultima modifica: 28 Giugno 2024